Siti inquinati e “compost illegale”…quando i conti non tornano.
Lâultimo episodio della soap opera infinita sui rifiuti nella regione riguarda la notizia, della scorsa settimana, che riportava come sull’intera Campania il territorio considerato inquinato e da bonificare fosse stimato solo intorno al 2%. I numeri sono sempre contestabili, se dimostrabile ÃĻ la loro errata valutazione, ma poi bisogna dare una spiegazione logica ad un eventuale confutazione.
Per fare ciÃē abbiamo bisogno di fare un passo indietro, quando le grandi inchieste di Santa Maria Capua Vetere si occupavano dei siti di compostaggio. Tali strutture si impegnavano a fare compost di qualità da vendere a società che a loro volta, vendevano ad agricoltori, aziende agricole e a chiunque fosse nel campo delle coltivazioni.
Il compost ÃĻ il prodotto della macerazione, naturale o indotta da microrganismi dellâumido, vale a dire, quello che noi impropriamente definiamo fertilizzante e che spandiamo sulle nostre coltivazioni. Fin qui niente di strano. Lâanomalia la si riscontra nel momento in cui tale compost non ÃĻ piÃđ di qualità , ma risulta essere vero e proprio veleno altamente cancerogeno, perchÃĐ mischiato a sostanze pericolose.
Ed ÃĻ su questa âtruffa tossicaâ che si concentrano da anni le forze dell’ordine e in particolare il NOE (nucleo operativo ecologico) dei Carabinieri. Una montagna di carte contenenti analisi, indagini, intercettazioni telefoniche che hanno fornito una pluralità di prove concordanti attestanti lâesistenza di organizzazioni criminali che confluivano in mezzo ai rifiuti, buona parte della produzione di fanghi derivanti dal ciclo di depurazione delle acque delle province campane, soprattutto Napoli, ma anche dei rifiuti liquidi delle navi approdate nello stesso porto di Napoli. Nella relazione dei NOE (nucleo operativo ecologico) di Caserta, allegata agli atti dell’inchiesta denominata âMadre terra IIIâ si legge: âle organizzazioni criminali, senza alcuno scrupolo, utilizzano terreni agricoli e sponde di fiumi ubicati nelle regioni Campania e Puglia per smaltire illecitamente rifiuti speciali incamerati e mai trattatiâ.
Nella prima inchiesta denominata âMadre terraâ si fa riferimento al sito di compostaggio salernitano che riceveva rifiuti costituiti dai âfanghiâ generati dagli impianti di depurazione di Orta di Atella (CE) e Cuma (NA), rifiuti che, i laboratori ARPAC, a seguito dei prelievi dei NOE stessi, avevano classificato come rifiuti speciali pericolosi e quindi incompatibili con le attività di recupero di rifiuti avviate in regime semplificato e teso alla produzione di compost di qualità da impiegare nelle pratiche agricole.
Nonostante le analisi dicano il contrario, coloro che gestivano questi siti di compostaggio, hanno anche trovato il sistema per ottenere i certificati di qualità . Queste società hanno continuato per anni a perpetrare lâillegale traffico grazie alle firme di funzionari compiacenti dei vari settori legati allâecologia, come ad esempio quello della Provincia di Salerno, che ha rilasciato il certificato dove si evince che il compost prodotto da tali ditte puÃē essere liberamente utilizzato in agricoltura.
Questo ha comportato la vendita di compost a ditte allâingrosso, che fornivano fertilizzante alle imprese agricole che finiva spalmato su tutto il territorio con lâovvia conseguenza di contaminare i terreni con materiali altamente nocivi.
Dunque, come ÃĻ possibile che il calcolo del 2% di suolo inquinato sia esatto?
Le inchieste sopra citate sono di dominio pubblico, ciÃē nonostante i tecnici hanno valutato in pochi ettari contaminati lo scempio che ÃĻ stato fatto sul nostro territorio.
Lady Oscar