Il voto di scambio a Benevento e i ministri della “malavita”
Il fenomeno del voto di scambio ÃĻ una vecchia malattia delle democrazie e assai diffuso in tutto il Paese. Poco piÃđ di un secolo fa nel 1910, Gaetano Salvemini, socialista eterodosso e uomo del sud, in un libro âIl Ministro della Mala vitaâ, lanciÃē pesanti accusa contro il capo del governo di allora Giovanni Giolitti. Il deputato prese spunto dagli episodi di Gioia del Colle dove fu testimone diretto delle intimidazioni degli uomini del candidato giolittiano, Vito De Bellis, affermatosi grazie a una serie impressionate di intimidazioni e manipolazioni di voto perpetrate con il tacito assenso della forza pubblica. Altri articoli, apparsi sull’Avanti, documentavano episodi similari accaduti in alcuni collegi siciliani.
Nel resoconto di Salvemini spunta la famigerata figura del âmazziereâ che scorrazzava impunemente in prossimità dei seggi a bastonare gli elettori del partito avverso.
I mazzieri di oggi sono giacca e cravatta e hanno mezzi meno appariscenti e piÃđ persuasivi per convincere gli elettori riluttanti: il ricatto attraverso la promessa di darti qualcosa o toglierti qualcosaltro, il potere di concederti il âfavoreâ. Un lavoro sporco ma spesso poco dispendioso perchÃĐ la gente si predispone facilmente, affolla le segreterie e prende contatti con tutti quei personaggi del sottobosco del potere clientelare.
La tempesta giudiziaria che si ÃĻ abbattuta da piÃđ di un anno su Benevento non intende placarsi. âMani sulla città â, âTabula Rasaâ ma anche l’inchiesta ASL confermano come la città sia retta da un sistema diffuso di malaffare che infetta tutte le istituzioni e ogni luogo dove si amministra e gestisce il denaro pubblico. Questo sistema alimenta un’economia deformata e un ceto parastatale che vive di incarichi e lotta all’ultimo sangue per conquistarsi una piccola rendita di posizione.
La verità ÃĻ che noi beneventani siamo troppo affezionati alle tradizioni e per questo non riusciamo a rifiutare il clichÃĐ della città âpovera ma bellaâ, âtranquilla e vivibileâ, dove tutto sommato non succedono cose eclatanti. Su questo luogo comune prolifera tutta una retorica di parole rassicuranti e menzogne raffinate. Nelle settimane precedenti alle infuocate elezioni comunali del 14-15 maggio 2011 di Benevento non mancarono episodi strani e intimidazioni di ogni genere.
I nuovi mazzieri, alcuni rozzi altri distinti, consentirono a mediocri politicastri di acquisire ampi consensi e parimenti accrescerne l’arroganza. L’asservimento genera consenso drogato e viceversa.
Quelle del 2011 furono le elezioni dove vennero sovvertite le vecchie alleanze. Fausto Pepe contro Mastella che lo candidÃē vittorioso nel 2006, Nardone alleato di Viespoli e Mastella, Tibaldi con il centrodestra alle prese con un ambiente politico lacerato.
Un caos dove i ânuovi mazzieriâ erano a proprio agio soprattutto quelli che controllavano i pacchetti di voti e si vendevano al miglior offerente. Migliaia cittadini umiliati dal bisogno e condizionati nelle scelte, accanto ad essi, la solita borghesia inutile sospesa e appesa al potente di turno, il tutto condito dallo strano patto fra alcuni esponenti del PDL (sicuro perdente) e del PD.
Poi c’erano i mazzieri rozzi, quelli che stazionavano davanti o in prossimità delle sezioni elettorali piÃđ popolose, al Rione Libertà e al Rione Ferrovia: gli elettori entravano e poi uscivano per incassare dal tizio che saldava il conto tirando fuori la mazzetta dei contanti. Siamo stati testimoni diretti di tali episodi. Sembrava un film, ma era la realtà .
Direte, storie vecchie che si ripetono da decenni? A voi lettori il compito di individuare i ministri della malavita âĶ.
FELICE PRESTA