Il Centro storico di Pietrelcina e la possibilità del rinnovamento
La questione della “conservazione” è un problema cruciale e ineludibile, allo stesso tempo è un tema difficile da pensare e argomentare, per l’immediata diffidenza che suscita. Eppure dovrebbe essere intuitivo che la conservazione è un aspetto non marginale in qualsiasi riflessione che riguarda il paesaggio, specialmente quello urbano, perché dalla capacità di comprendere ciò che va conservato si può immaginare un futuro di rinnovamento e trasformazione senza provocare distruzioni.
Ogni tessuto territoriale è un organismo complesso e delicato, non riducibile a semplice superficie disponibile a qualsiasi manomissione. “Conservare” nel suo significato originario, deriva da “cum-serbare”, preservare nella cura, trattenendolo dalla sparizione. Si protegge ciò che si ha a cuore, solo ciò che conta per una comunità, l’esatto contrario di una concezione museale.
L’elaborazione di un pensiero del paesaggio e del territorio come identità singolare dei luoghi non può evitare di interrogarsi sul valore della conservazione. Di fronte a territori e aree urbane scempiate dal disordine e dalla sciattezza delle nuove edificazioni, i centri storici dei piccoli paesi, sembrano resistere al degrado estetico che inevitabilmente apre la strada al decadimento civile. È un dibattito vecchio e già in epoche passate, in un’Italia tutta proiettata verso l’espansione economica, sono stati in molti a lanciare l’allarme contro l’alterazione del paesaggio che non può essere ridotto né a cartolina patinata intoccabile, né a uno spazio da spianare e alterare a piacimento per soddisfare l’economia e il mercato. Un equilibrio esiste e va trovato. A titolo di esempio, quando i Talebani hanno fatto saltare le colossali statue del Buddha di Bamiyan, tutti comprendemmo che dietro a quel gesto iconoclasta, c’era una volontà di annichilimento e umiliazione di una tradizione millenaria.
I piccoli borghi si trovano sempre stretti tra due tendenze: l’eccessiva trasformazione e l’altrettanto eccessiva conservazione. Tornando alle nostre terre, ai luoghi che abitiamo e influenzano la vita, il centro storico di Pietrelcina, il famoso Castello, si trova purtroppo in una condizione di sospensione e spopolamento. “Ncoppa Castiello”, espressione dialettale che descrive lo spirito di chi ancora ci abita, sembra relegata a un lontano passato, quando il rione abbarbicato sulla roccia, era abitato da un’umanità eterogenea. Salendo a piedi dopo avere superato Porta Madonnella, si cammina tra vicoli e le piccole corti in uno spazio che sembra fisso nel tempo.
La dura legge dell’economia, il mutamento degli stili di vita, un modello globalista scellerato che non premia la prossimità e considera gli antichi territori come un luogo folkloristico da animare solo in determinati periodi dell’anno, non aiutano a immaginare un futuro per il Rione Castello. Persino i turisti sono spesso smarriti con le loro domande: “ancora ci abita qualcuno?” oppure “voi vivete qui?” – è la classica reazione quando una porta si apre o quando ci vedono con una busta della spesa mentre rientriamo in casa.
I luoghi sono sempre dotati di una propria “individualità”, quella che il geografo Vidal de La Blanche chiamava la “personalità”, anche quando sembriamo non accorgercene perché troppo distratti dalla routine quotidiana. Sono certi caratteri identitari a dare forma e valore a un determinato quartiere.
Per quanto riguarda il centro storico di Pietrelcina sono opportune alcune azioni per migliorare la situazione. Prima di tutto, andrebbe creato un sistema per facilitare, nei limiti del possibile, l’accesso ai disabili. Nelle giornate di maggiore affollamento turistico, si dovrebbe predisporre l’ingresso dei viaggiatori in piccoli gruppi a numero chiuso per evitare lo sgradevole effetto “collo di bottiglia” quando gli abitanti del centro storico sono costretti a farsi largo tra la folla di turisti per raggiungere le proprie abitazioni. Questo consentirebbe ai viaggiatori di evitare lunghe code e di potere visitare il borgo e le stanze dove visse Padre Pio da giovane con più tranquillità. Noi abitanti, custodi del centro storico, abbiamo il dovere di preservare i luoghi e di averne cura, i turisti hanno il diritto una visita serena.
Più ambiziosa è l’idea di una trasformazione del centro storico con l’esperimento di installazione di strumenti e tecnologie “off grid” per produrre e soddisfare in autonomia i carichi energetici. In questo modo il Rione Castello potrebbe diventare un borgo autonomo e digitalizzato con la possibilità di trasformare case e stanze disabitate in spazi di lavoro e comunità.
Il centro storico di Pietrelcina potrebbe rinascere: servono pazienza per la ricerca dei fondi pubblici e idee creative per sottrarlo al declino.