
Immigrazione: una narrazione senza sentimentalismi
à piÃđ facile evitare gli argomenti giudicati scottanti, con tutto il carico di emotività che si trascinano, piuttosto che affrontarli direttamente. Basta tacere, al piÃđ dissimulare e sono tutti ben disposti intorno a te. Il tema dellâimmigrazione ÃĻ un argomento che puÃē scatenare risse interminabili, soprattutto se si esprimono posizioni intransigenti. Sostanzialmente si confrontano due approcci che si differenziano solo sul grado dâintensità dellâaccoglienza: il primo rigido e legalista, il secondo aperto e piÃđ cedevole. I due approcci condividono il medesimo assunto di fondo: lâineluttabilità del fenomeno migratorio, secondo le dimensioni attuali. Si tratta di una posizione che considera quella dellâemigrazione solo una problematica legata al numero delle presenze e alle risorse disponibili.
Pur tra varianti di grado, sul piano politico sembra esserci ancora una divisione tra la sinistra che propende per il verbo accogliere e la destra che preferisce il verbo frenare. I primi trovano sulla strada, una parte del mondo cattolico sensibile allâaccoglienza e alcuni settori imprenditoriali che esigono una forza lavoro piÃđ flessibile, economica e remissiva. Viceversa lâidea di regolamentare, frenare e arginare lâimmigrazione avvicina la destra a quei settori popolari un tempo simpatizzanti della sinistra, preoccupati per la sicurezza e i conflitti nei quartieri popolari.
Lavoratori e disoccupati, abitanti delle periferie disagiate e concorrenti nella guerra tra poveri con gli immigrati, si trovano a fianco dei ceti urbani preoccupati per la sicurezza e lâidentità delle città .
Le posizioni fortemente critiche verso lâimmigrazione non hanno diritto di cittadinanza, il motivo ÃĻ semplice, perchÃĐ si finisce subito per essere impregnati da una caligine di razzismo e xenofobia, pietre dello scandalo nel paesaggio contemporaneo. Lâantirazzismo come argomento serve a disarmare ogni critica, di conseguenza la narrazione che passa attraverso i mezzi di informazione, si prefigge di far credere che ogni dissenso sia ispirato dal razzismo. Per dare prova di âantirazzismoâ si deve parlare in favore dellâapertura delle frontiere, magari agitare qualche cartello con su scritto âwelcome refugeesâ, partecipare alle manifestazioni che appartengono a quella che Hegel chiamava la âpappa del cuoreâ.
Infatti, questa nuova ondata di immigrati ÃĻ sopratutto una risorsa al servizio per quei settori produttivi dove avviene una continua compressione del costo del lavoro, sfruttando una manodopera poco incline alle rivendicazioni sul salario e la sicurezza. Un immigrato ÃĻ sempre disposto a fare un lavoro âsottopagatoâ, generando forti conflitti sociali in un contesto di perversa competizione al ribasso.
UNâARMA NON CONVENZIONALE DI COERCIZIONE
La ricercatrice americana Kelly Greenhill (1) nel 2010 ha pubblicato uno studio dal titolo emblematico: Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy (Armi di migrazione di massa, deportazione, coercizione e politica estera) (2).
Lo studio analizza 64 flussi migratori dal 1953 e spiega come essi siano indotti per ottenere un risultato politico. Greenhill definisce il paese colpito come âbersaglioâ, lo scopo ÃĻ quello di indebolirne la struttura comunitaria per costringerlo a prendere decisioni che altrimenti non avrebbe preso in condizioni normali. In questo senso lâimmigrazione diventa unâarma non convenzionale e ovviamente, i migranti le prime vittime di questo sporco gioco politico.
La crisi dellâestate del 2015, quando un notevole flusso di persone ha attraversato lâEuropa proveniente dallâoriente asiatico e dal Nord Africa, presentava i segni di un fenomeno indotto dallâesterno. Nello stesso periodo delle agenzie di sicurezza, accusavano alcune ong di finanziare o almeno favorire questi viaggi per incrementare il business delle strutture di accoglienza (3).
Attualmente, continua solerte lâimpegno delle navi di grossa stazza gestite da organizzazioni umanitarie come Moas, Jugend Rettet, Sea-Watch e altre che annoverano tra i principali finanziatori la Open Society e altri gruppi legati allo speculatore finanziario George Soros che ha una rete di sostenitori politici e lâobiettivo di indebolire il continente europeo.
Persino il capo di Frontex, Fabrice Leggeri, ha criticato la tendenza a soccorre i migranti sempre piÃđ vicino alle coste libiche, spiegando come questo incoraggi i trafficanti. Unâaccusa esplicita contro quella flotta di grosse navi delle ong che hanno rapporti torbidi con alcuni apparati finaziari.
Il fenomeno viene per lo piÃđ avvertito in chiave emotiva, senza una politica organica in grado di far fronte efficacemente allâaumento dei flussi, prevale sempre la logica dellâemergenza e del provvedimento tampone. Tutto si confonde, il dovere di soccorrere lascia sullo sfondo la questione cruciale di chi puÃē restare sul nostro territorio, a che condizioni e con quale impatto nella società . I sostenitori delle âporte aperteâ al migrante mescolano con furbizia e sapienza, la retorica dei diritti umani e la logica del mercato. Molto spesso i loro argomenti sono contraddittori. Quando si tratta di giustificare lâimmigrazione, invocano lâidentità dellâaltro come elemento di arricchimento, ma con spregiudicata disinvoltura definiscono una âfinzioneâ o addirittura indice di razzismo, quando la difesa dellâidentità fa da supporto alla critica dello stesso fenomeno.
Lâaccoglienza non ÃĻ un obbligo, soprattutto in una fase economica cosÃŽ difficile e sullâarricchimento culturale, le parole di Geminello Alvi compendiano bene quel che pensiamo: ÂŦ(âĶ) Sono la plebe cosmopolita, che veste in blue jeans come una volta vestivano solo i contadini americani. E come oggi vestono tutti. Ascoltando lo stesso rumore finto musica. Anche perciÃē la società multiculturale ÃĻ unâidiozia. Il collante tra lâimmigrato e le nazioni che lâospitano anche in Europa non ÃĻ nÃĐ la cultura dellâimmigrato nÃĐ quella di chi lo ospita: ÃĻ la sciatta cultura delle plebi americanizzate da abiti, tv, dischi, computer. Scriveva Miller che la vita ÃĻ ormai un incubo ad aria condizionata; aggiungerei che parla lâingleseÂŧ. (4)
Lâimmigrato errante, come il capitale e le merci, ÃĻ parte di un processo di sradicamento epocale e funzionale solo alla globalizzazione finanziaria. Si impoveriscono intere aree del pianeta, costringendole ad assumere un modello mercantile estraneo alle loro tradizioni, creando cosÃŽ le premesse materiali allâemigrazione. Si spingono le popolazioni a venire da noi prospettando loro un avvenire che perÃē, guarda caso, si ÃĻ del tutto disinteressati a favorire nelle loro terre. In ultimo in Occidente, un senso di colpa collettivo, incentiva il business dellâintervento umanitario con organizzazioni caritatevoli pronte a intervenire nelle zone piÃđ povere per raddrizzare le âstortureâ.
Il contrasto allâimmigrazione ÃĻ un banco di prova decisivo, se non verrà affrontata, da adesso, con fermezza e rigore, non ci saranno futuri provvedimenti restrittivi in grado di bloccarla. Ogni processo storico, infatti, ha un punto di non-ritorno, scavalcato il quale la reversibilità , ossia la concreta possibilità di individuare alternative, si rovescia in irreversibilità .
Felice Presta
NOTE
1. http://as.tufts.edu/politicalscience/people/faculty/greenhill
2. https://issuu.com/aricciatv/docs/migrazioni_di_massa
3. Il 15 agosto 2015, InfoDirekt, rivista austriaca legata alle forze armate, ha citato un rapporto dellâÃsterreichischen Abwehramtsâ, il servizio segreto militare, secondo il quale, alcune organizzazioni USA non profit provvedono al finanziamento dei viaggi di una buona parte dei migranti che si imbarcano dalla Libia, molti dei quali non sarebbero in grado di sopportare i costi che vanno dal trasferimento in Libia fino allâimbarco su un barcone. In pratica sono queste organizzazioni, che agiscono sotto lo schermo di âfinalità umanitarieâ e che provvedono (riservatamente) al pagamento dei trafficanti e incentivano questi viaggi pericolosi, per fare acquisire ai migranti, lo status di rifugiati.
4. Di globale vedo solo lâimpero americano (Corriere della Sera, 16 luglio 2001)