Considerazioni sul risultato del referendum
Si votava sulla Costituzione, non sul governo! Ragliano da piÃđ parti chi si scandalizza per il fatto che si sia trattato di un voto di protesta, piÃđ che sul merito della riforma. La consultazione ha fatto emergere unâenorme disagio sociale che la narrativa allegra e rassicurante di Palazzo Chigi non poteva cancellare. I dati principali â alta partecipazione e vittoria del No â sono abbastanza omogenei, tanto da smentire la retorica del Nord âproduttivoâ proiettato verso le riforme e il solito Sud a fare da zavorra. Prestando maggiore attenzione si vede che piÃđ si scende verso Sud e piÃđ diminuisce la partecipazione al voto, perÃē laddove câÃĻ una massa di giovani sotto-occupati con redditi bassi, o peggio disoccupati (la statistica non conta i tanti lavoratori in nero), la vittoria del No ÃĻ schiacciante, cosÃŽ come nelle cento città con il piÃđ alto tasso di disoccupazione, dove sempre il No, si ÃĻ attestato in media al 65%.
InfoData ha realizzato per il Sole24Ore lâanalisi dei dati elettorali ed economici nelle province, evidenziando tre fattori incontrovertibili: demografia: piÃđ anziana la popolazione, maggiore ÃĻ la quota del SI; occupazione: piÃđ ÃĻ alta la disoccupazione generale e giovanile, piÃđ ÃĻ alto il NO; reddito: il NO cresce al decrescere del reddito. Traete voi le conseguenze
Una situazione peggiorata negli ultimi due anni con il dispiegarsi degli effetti della legge 183/2014, evocativamente chiamata Job Act, che non minimamente invertito la tendenza allâindebolimento della struttura occupazionale italiana e ha ulteriormente precarizzato il mercato del lavoro.
CâÃĻ una correlazione tra le difficoltà di milioni di persone e il dissenso rabbioso espresso nellâurna, ma questo non autorizza certi soggetti del ceto ricco progressista a evocare una sorta di rieducazione, quando la massa non vota nella âgiusta direzioneâ. Lo vadano a spiegare a chi si ritrova nel vortice âprecarietà -deflazione salarialeâ.
NOTA qui l’analisi InfoData Sole24Ore
Referendum: a dire no sono stati giovani, disoccupati e i meno abbienti