Per una Benevento sostenibile ÃĻ stato concepito dall’Assessorato cittadino alle Politiche dell’Istruzione un sistema di book sharing ovvero di condivisione dei libri usati attraverso lo scambio e la donazione da parte delle famiglie.
“La previsione – si legge in una nota  – ÃĻ che il tutto si snodi, naturalmente, attraverso donazioni volontarie dei libri di testo da parte delle famiglie degli studenti “licenziatari”.
In altre parole l’Assessorato non ha fatto altro che “istituzionalizzare” una prassi che abitualmente si compie: lo scambio tra famiglie, il riutilizzo di oggetti (i libri, l’abbigliamento, etc.) che non servono piÃđ ma che possono essere utili ad altri. 
L’Assessorato mette il suo logo sul passaparola delle mamme, sulle segnalazioni che possono nascere nei luoghi di aggregazione sociale spontanea, nelle parrocchie come nell’androne del condominio.

Nella nota non mi sembra di leggere che a queste donazioniparteciperà anche l’Assessorato attivamente (ad esempio attraverso l’acquisto di libri oppure attraverso la messa a disposizione di spazi comuni e comunali di lettura, ad esempio). Il tutto si baserebbe sulla buona volontà delle famiglie e degli Istituti Comprensivi che possono svolgere un importante ruolo di trait d’union tra le parti.
Qual ÃĻ, dunque, il ruolo dell’Assessorato? L’aver messo la ciliegina sulla torta preparata grazie al sacrificio delle famiglie? Che senso ha per le famiglie donare questi libri all’Assessorato quando già da anni, in assenza di partecipazione istituzionale, si sono date da fare le associazioni culturali o di solidarietà sociale? Li dovremmo donare per far fare bella figura alle istituzioni? E questa riflessione non viene da una persona (scrivente n.d.r.) che non ha sensibilità sul temaâ€Ķtutt’altro. Lo sharing, nell’era 2.0. va di moda e “fa figo”, ma quando lo si vuole rendere istituzionale, si deve acquistare consapevolezza che esso deve poggiare le sue basi partecipative su un sistema di welfare di ampio e strategico valore non solo quantitativo ma anche qualitativo. Del resto si ÃĻ già assistito il flop del bike sharinga Benevento. Se non c’ÃĻ una cultura della mobilità pubblica, come Benevento avrebbe potuto diventare la città del muoversi sostenibile? Se non ci si attiva con strumenti di sensibilizzazione ed educazione che siano operativi e incisivi, come si possono scardinare abitudini e stili di vita insostenibili? Davvero abbiamo solo per un attimo pensato che la cittadinanza avrebbe cominciato a muoversi in modo ecocompatibile in una città in cui le istituzioni preposte hanno fatto morire, con dolo, il trasporto pubblico?

La Benevento sostenibile non ÃĻ quella dello sharing. O meglio, solo esclusivamente dello sharing. È prematuro per le nostre istituzioni locali promuovere un siffatto sistema. La Benevento sostenibile comincia dallo sviluppo, dalla valorizzazione delle diversità e dalla rimozione delle situazioni di disagio e di iniquità. PerchÃĐ l’Assessorato non agisce sulla rimozione delle cause che comportano, per ampie fasce di popolazione, il mancato accesso alla cultura? PerchÃĐ non si comincia ad affidare strumenti e perchÃĐ no finanziamenti (anche minimi) alle associazioni culturali che da anni si impegnano, basandosi esclusivamente sul sacrificio e l’adesione morale dei volontari? Invece di svendere gli immobili perchÃĐ non li si rivitalizza affidando anche una sola stanzetta ad associazioni culturali che possono erogare lezioni, corsi di formazione, allestire biblioteche per le fasce piÃđ a disagio? Del resto la stessa nota argomenta sulle “condizioni di omogeneità per gli utenti della scuola pubblica di oggi e di domani”, mettendo in campo i valori principali della sostenibilità ovvero l’assicurare condizioni e strumenti di sviluppo per un’equità infragenerazionale e intergenerazionale.